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UN-FAMILIAR POLAROID 

 

Le sperimentazioni artistiche che affiancano le nove fotografie su alluminio della serie UN-FAMILIAR hanno permesso a Mauro Moriconi di scavare e addentrarsi ulteriormente nell’universo familiare. L’uso della Polaroid non è casuale. Informale, estremamente popolare, il medium istantaneo desta sempre stupore e meraviglia e consente di sondare l’imprevedibile, dunque l’ un-familiar, ovvero il tratto distintivo che si cela dietro ogni nucleo familiare.

Alla base di questo lavoro vi è al contempo la curiosità e il desiderio di penetrare la magia della Polaroid, diventata ormai dagli anni ’70 un’icona del pop. Ecco allora che l’artista giunge a scomporre la foto per analizzarne ed eviscerarne la tecnica, fino a coglierne l’incantesimo. Attraverso delicate e precise fasi di pulitura e levigatura, in un sapiente gioco alchemico, Moriconi sottrae vari componenti chimici in modo da bloccare il processo evolutivo dell’immagine. L’intento, ci rivela l’artista, è quello di proteggere i fragili nuclei familiari ritratti dall’inesorabile scorrere del tempo e da quell’inevitabile fenomeno d’invecchiamento che, se esposte alla luce, altera questo genere di immagini.

Tre serie scandiscono le tre fasi di questa attività di ricerca, che è poi una triplice rilettura, in cui le opere non vengono più incise, poiché l’azione è condotta sulla pellicola attraverso la sottrazione di patine di colore e di livelli di definizione.

La medesima collezione viene riproposta nel classico e rassicurante formato dell’istantanea che tutti conosciamo e col quale abbiamo fissato momenti speciali e incorniciato attimi della quotidianità.

La seconda serie rappresenta una sorta di “positivo” della Polaroid e ricorda, per lo straordinario effetto di trasparenza,  le diluizioni cromatiche tipiche delle velature del ‘400, ma anche i primi lavori su carta velina realizzati dall’artista lucchese. Le immagini perdono nitidezza, il tempo pare aver iniziato a corrodere i profili  e ad usurare le superfici. Volti e paesaggi sembrano filtrati dal sogno o dal ricordo, rinviando così metatestualmente a quello che è forse il primo scopo della fotografia.

Nella terza serie, che si configura come il “negativo” della Polaroid, prevalgono i toni più scuri e le immagini, che ora assumono maggior consistenza e solidità, ricordano i bassorilievi realizzati su formelle in bronzo tra ‘400 e ‘500. Moriconi suggerisce anche il parallelo con le matrici per litografie o stampe, dalla cui forma si ricavano, su carta o altro materiale, diverse impressioni uguali. L’idea di matrice peraltro ben si riconduce, pensando alla derivazione latina matrix, alla maternità o, per aderire alla fluidità della dimensione famiglia proposta in queste opere, a un principio generativo primigenio sul quale siamo chiamati ad interrogarci.

 

Paola Martini

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